RINCULANTE: UN’EPOPEA DELLA CACCIA

La recente presenza in facebook di gruppi che celebrano il lungo rinculo fa tornare in auge questa tipologia di semiautomatico

Alcuni nomi sono altisonanti Browning, Franchi, Breda, Cosmi, altri sconosciuti a molti perché oggi non più presenti, quali per esempio Belladonna.


Fatto sta, che a parte l'eccezione della grandiosa intuizione di inizio '900 di John Moses Browning, a partire dagli ultimi anni che precedettero il secondo conflitto mondiale e con percorsi diversi, si iniziarono ad ipotizzare in Italia, fucili semiautomatici da caccia, con un sistema di riarmo animato dal lungo movimento retrogrado della canna: il lungo rinculo. Tali idee rimasero tali sin dopo il dopoguerra, ma sin dai primi anni dopo il conflitto, la storica doppietta iniziò a essere guardata con meno attenzione e la novità ad una sola canna, in grado però di sparare più colpi, ossia il semiautomatico fu sempre più presa in considerazione. 

Ciò a dire il vero, aveva anche una valenza economica, poiché essendo un'arma facilmente industrializzabile, aveva il vantaggio di avere un costo costruttivo inferiore a qualsiasi doppietta o sovrapposto. 


Erano anche quelli gli anni e sempre più i successivi, nei quali uscendo dalla guerra si iniziava ad avere un continuativo miglioramento delle condizioni di vita e la caccia poteva infoltire le sue schiere di praticanti. Il semiautomatico, più economico dei basculanti sembrava ed è stato, la risposta giusta alla grande presenza di selvaggina sia migratoria ch stanziale. Mancava ancora l'idea del semiautomatico inerziale ed il sottrazione di gas sarebbe arrivato con Beretta di li a qualche anno, per cui il lungo rinculo era in grado di dettare le regole del mercato.


Il lungo rinculo, anche quello all'italiana, si è caratterizzato per una evidente gobba (la più evidente sta nel belga FN Browning) sulla carcassa. Questa è trasversale in tutti i produttori, per l'esigenza di ospitare l'imponente movimento retrogrado, dato dall'otturatore e dalla canna. Oggi proprio questo ci sembra un'eresia, ossia il fatto che ci siano una così gran quantità di masse e pesi in movimento, con la finalità di riarmare il fucile ed inserire una nuova cartuccia in canna. Ci appare contrario alla buona regola della stabilità e del ridotto brandeggio per far rimanere il fucile in linea di tiro.


Oggi forse sarebbe un problema considerevole, ma la concezione di quei fucili non era la ricerca assoluta della leggerezza; così fucili in calibro 12 avevano pesi che tranquillamente raggiungevano i 3,3 - 3,4 kg, in grado di stabilizzare l'arma. Per non parlare poi degli FN che superavano anche i 4 kg.


Ma ciò nonostante, il lungo rinculo lo abbiamo apprezzato ed anzi, le volte che lo riportiamo a caccia non troviamo limiti nel suo utilizzo. In realtà di balistici non ce ne erano per gli acciai dell'epoca, ma occorre rilevare almeno una certa laboriosità nell'uso delle grammature delle cartucce. Non essendo capace di adeguarsi ad esse, per via del sistema di riamo che prevedeva la compressione di molle, era necessario "frenarle" per compensare le tipologie di carica agendo sugli anelli presenti sul serbatoio.

Ma parte questo, non riusciamo a trovare altri limiti al lungo rinculo in relazione all'epoca nel quale è stato attivamente prodotto.


Tanto è vero ciò che tutt'ora tanti appassionati continuano a servizi del Franchi cal. 20, ritenuto da molti il più efficace che mai hanno avuto tra le mani.

Riccardo Ceccarelli


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