BENELLI BE.S.T. RESISTENZA TOTALE


La storia delle armi da caccia è segnata da tappe che hanno segnato passaggi epocali ed irreversibili. La retrocarica, decretò la fine dell’avancarica, come oggi la tecnologia BE.S.T. di Benelli coniuga “al passato”, i trattamenti tradizionali delle canne.

Chi dell’arma da caccia non fa solo mero uso, ma ama saperne un po’ di più, avrà approfondito per sua cultura una serie di tappe evolutive, che hanno fatto apparire vecchio ciò che prima era il normale e quotidiano. Invenzioni e relative date, le cui celebrazione sul mercato, hanno decretato il superamento di precedenti soluzioni. Pauly, nel 1812, ancor prima del celebrato Lefaucheux, mise a punto fucile e cartuccia con sistema a retrocarica, definendo di fatto lo spartiacque con l’avancarica, che di li a poco iniziò il suo declino. Kimball e C. Askins rivendicarono sin dal 1870 la paternità della strozzatura anche se W.W. Greener produsse con essa il primo fucile da caccia, seminando il panico commerciale tra gli allora produttori di armi, ancorati esclusivamente alla canna cilindrica.


Tappe queste di fondamentale importanza, capaci di spazzare via, in un normale processo evolutivo, chi si ancorava ancora a precedenti soluzioni. In epoca molto più recente, la cromatura unita alla ricerca di miscele di innesco e polveri da sparo a sempre più ridotto tenore corrosivo, ha consentito di aumentare, efficienza e vita delle canne. Ma sin dall’epoca, ormai lontana, dell’inizio dell’uso dell’arma da fuoco in tutti i contesti possibili, la sua stessa essenza – ossia l’essere costituita da parti metalliche – l’ha resa vittima dell’uso improprio (urti ed abrasioni) e dell’azione tenace degli agenti atmosferici.


Problema mai risolto, almeno sino al 2018 – altro anno epocale della balistica, quando l’italiana Benelli, ha fissato un’altra pietra miliare nella evoluzione dell’arma da fuoco. Trattasi del sistema BE.S.T. acronimo di Benelli Surface Treatment (Benelli Trattamento Superficiale) ma che, se togliamo i puntini recita anche “Migliore”. E forse non a caso. Non è un’intuizione, come lo fu per Greener, ma il frutto di un lungo periodo di ricerca, che ha analizzato le criticità palesabili nel fucile da caccia moderno negli ambienti più vari e difficili in cui è chiamato ad operare, e che ha fornito una soluzione ad elevato livello tecnologico, esaltazione indiscussa dell’ingegneria dei materiali. Benelli prima ed unica azienda, a mettere tale tecnologia nelle sue armi, nel rispetto del suo tradizionale “più avanti da sempre”.

Ma di cosa stiamo parlando? Benelli ha verificato nel corso del suo mezzo secolo di esaltante attività, che tra le più grandi criticità che contrastano la durata in piena efficienza di un’arma da caccia, c’è l’uso stesso. Fattore, naturalmente visto con favore dal cacciatore – più si usa l’arma, più si da sfogo alla propria passione – ma che inevitabilmente tende a logorare l’arma ed in particolare le parti metalliche per le condizioni stesse in cui l’uso avviene. A caccia l’arma si utilizza all’aperto, in condizioni ambientali sia temperate che estreme per temperature e tenori di umidità; in situazioni ove altri agenti quali la salinità contribuiscono a rendere ancora più gravose le condizioni.

Inoltre l’arma è inevitabilmente sottoposta ad urti e sfregamenti che tendono a ridurne l’integrità predisponendola all’azione degradativa dei suddetti agenti. Tale stato di fatto, permette l’istaurarsi di tutta una serie di fenomeni degradativi tipici del metallo, ai quali da tempo in molti hanno cercato di porre rimedio con molte soluzioni, che di fatto il problema non lo hanno risolto, ma solo aggirato. La soluzione è la capacità di realizzare una barriera protettiva “talmente robusta” da esserlo contemporaneamente agli urti ed agli agenti chimici e fisici. Su questa strada si è indirizzata Benelli – anzi la sta segnando – ottenendo una soluzione tecnologica di resistenza, tale da impedire con ragionevole certezza, tutti i deleteri effetti sinora elencati. Resistenza e quindi durezza, tanto che essendo il diamante il materiale simbolo di tale requisito, lo ha inserito nel simbolo stesso di BE.S.T.

Ma non solo; proprio lo studio dei legami molecolari del diamante, ha permesso di replicarne l’essenza in laboratorio, ottenendo soluzioni che per durezza, tenacia e resistenza, non erano mai state adottate su un’arma da fuoco. Un tale innalzamento del livello protettivo dell’arma, è assolutamente da considerare una pietra miliare dell’evoluzione moderna delle nostre armi; garantisce longevità senza modificare i connotati estetici e cromatici delle canne e permette il mantenimento inalterato dell’efficienza originale.

Il trattamento BE.S.T. ha dimostrato di avere ,nella importante sperimentazione effettuata, una durata veramente lunga, tanto da divenire esso stesso garante della miglior conservazione e durata dell’arma.

Con orgoglio tutto italico è anche bello rendere noto, che la tecnologia BE.S.T., è un’avanguardia assoluta e di interesse talmente ampio nel settore della metallurgia, che Benelli, ha suscitato l’interesse di molte aziende di altri settori produttivi.

Riccardo Ceccarelli

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